lunedì 17 maggio 2010

15/05/2010
Il cordoglio del sindaco Renzi per la scomparsa di don Carlo Zaccaro
“Con don Carlo Zaccaro perdiamo una figura molto significativa: è stato uno dei grandi testimoni e interpreti della cultura di solidarietà e di accoglienza che ha permeato il tessuto sociale, civile e religioso della nostra città”. Così il sindaco Matteo Renzi ha espresso il cordoglio suo personale, dell’amministrazione comunale e della città di Firenze per la scomparsa di don Carlo Zaccaro, sacerdote dell’Opera della Divina Provvidenza “Madonnina del Grappa”.
Il sindaco Renzi, appresa la notizia della scomparsa del sacerdote mentre era all’inaugurazione dell’aula liturgica della chiesa di San Pietro a Varlungo, ha espresso personalmente le condoglianze all’arcivescovo Giuseppe Betori e all’Opera “Madonnina del Grappa” e poi si è recato a Careggi a portare l’ultimo saluto della città alla salma di don Carlo.
“Dall’intensa attività per l’Opera ‘Madonnina del Grappa’ - ha aggiunto Matteo Renzi - all’impegno culturale al Gruppo Meic come in ogni momento della sua vita, don Carlo ha saputo vivere e trasmettere quei valori che oggi siamo chiamati a raccogliere e mantenere vivi, in una società che ha sempre più bisogno di esperienze solidali”. (fp)
Provincia di Firenze
DON ZACCARO, BARDUCCI: "LA SUA VITA E’ STATA TESTIMONIANZA CONCRETA A FAVORE DEGLI ULTIMI”
Il saluto commosso del Presidente della Provincia di Firenze
“Ci sono persone capaci più di altre di parlare al cuore della gente, che ne percepiscono la sincerità e l’umiltà. Don Zaccaro era uno di questi”. Con queste parole il Presidente della Provincia di Firenze Andrea Barducci ha ricordato don Carlo Zaccaro, prete della Madonnina del Grappa fondata a Firenze da don Facibeni. Prosegue Barducci: “La sua vita è stata testimonianza concreta a favore degli ultimi, siano essi malati, orfani, stranieri o carcerati”.
“Un esempio di solidarietà, fonte di ispirazione per tutti noi che ci troviamo, ora più che mai, a rinnovare il nostro sostegno all'opera della Madonnina del Grappa ed a tutti i collaboratori e ai ragazzi che sentiranno fortemente la sua mancanza”.
17/05/2010 17:41
Provincia di Firenze

necrologi 17/05/2010

GIULIO MASOTTI, a nome di tutti coloro, italiani ed albanesi, che hanno contribuito ad istituire e realizzare, presso la Missione Albania della Madonnina del Grappa, il Corso di Laurea in Fisioterapia dell’Università di Scutari, rende omaggio alla cara memoria di

DON

Carlo Zaccaro

illuminato uomo di fede che ha fortemente voluto e promosso l’iniziativa, al fine di rendere disponibili nuove opportunità formative anche ai giovani albanesi più bisognosi e possibilità di cura finora negate all’intera popolazione di Scutari.

Firenze, 17 Maggio 2010.

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GIAN FRANCO GENSINI, GIULIO MASOTTI e i colleghi della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze partecipano al lutto della Comunità della Madonnina del Grappa per la scomparsa di

DON

Carlo Zaccaro

e ricordano con affetto il suo contributo determinante all’impegno comune nella realizzazione del Corso di Laurea in Fisioterapia presso l’Università di Scutari.

Firenze, 17 Maggio 2010.

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La famiglia tutta dell’Opera Madonnina del Grappa annunzia con grande rammarico che
don Carlo Zaccaro

ha concluso la sua vicenda terrena dopo una vita spesa nella Carità in Italia e in Albania.
Le esequie si svolgeranno martedì 18 maggio alle ore 15,30 presso la Parrocchia dell’Immacolata in via Paoletti, Firenze. La salma si trova esposta nella Cappella dell’Opera in via delle Panche n. 28.
I sacerdoti e i figli dell’Opera.
Firenze, 17 maggio 2010.
Annuncio su La Repubblica (Nazionale) del 17/05/2010

Giuseppe Gandolfo partecipa, con immenso e filiale dolore, alla scomparsa di
Don
Carlo Zaccaro


uomo santo, maestro di Amore per i giovani, i malati, i più bisognosi.
Egli ha donato tutto se stesso con profonda gioia, con serena discrezione, senza mai risparmiarsi fino all'ultimo istante della sua vita.
Egli ha amato fortemente la sua Toscana e la sua Albania.
Con la sua profonda cultura egli ha voluto, direttamente e indirettamente formare centinaia di giovani meno fortunati, a Firenze e a Scutari.
Il suo insegnamento, sempre operoso e illuminato, resterà esemplare per tutti noi che l'abbiamo conosciuto ed amato.
Roma, 17 maggio 2010

domenica 16 maggio 2010

La Nazione 16/05/2010


Corriere Fiorentino 16/05/2010


Il Nuovo Corriere 16/05/2010



E' MORTO DON CARLO ZACCARO, PROSEGUI' L'OPERA DI DON FACIBENI

15/05/2010 - 20:34 - FIRENZE, E' MORTO DON CARLO ZACCARO, PROSEGUI' L'OPERA DI DON FACIBENI

E’ morto questo pomeriggio all’ospedale all'ospedale fiorentino di Careggi, dov'era stato ricoverato nei giorni scorsi per un intervento d'urgenza, don Carlo Zaccaro, 88 anni, sacerdote dell'Opera della Divina Provvidenza "Madonnina del Grappa" di Firenze. Laureato in Giurisprudenza, con una specializzazione in diritto agrario, nella Fuci (universitari cattolici) strinse amicizia con personaggi di assoluto rilievo come don Franco Costa, don Emilio Guano, Giulio Andreotti, Aldo ed Alfredo Carlo Moro, Francesco Cossiga. Dopo l’8 settembre '45 aderì al Gruppo di Radio Cora. Tramite don Raffaele Bensi, il cui gruppo frequentava si avvicinò alla Madonnina del Grappa, e nel 1946 entrò a farne parte, diventando uno dei collaboratori di don Giulio Facibeni. Nel 1955 venne ordinato sacerdote, pochi anni prima della morte del Fondatore. Don Carlo Zaccaro, insieme ad altri sacerdoti, ne proseguì l'Opera, seguendo la formazione dei giovani, dando vita alla Scuola Professionale della Madonnina del Grappa, e sviluppando l'attività caritativa in tanti settori, dai bambini agli anziani, dagli stranieri ai carcerati. Fu anche molto vicino a Giorgio La Pira, Pino Arpioni e a Fioretta Mazzei. Nel 1992, su indicazione delle Suore di Madre Teresa di Calcutta, fece visita in Albania a un orfanotrofio e rimase scioccato dell'abbandono e dalla sporcizia in cui erano tenuti i bambini, per lo più celebrolesi. Costruì ed arredò un moderno edificio con un efficiente ambulatorio. Fu l’inizio di un’attività molto intensa a favore dei più poveri e indifesi in quel paese. L'Albania, dal canto suo, come riconoscimento per quanto don Carlo ha fatto per loro lo ha insignito della Cittadinanze onoraria della Città di Scutari. Aveva scritto spesso anche per Toscana Oggi (cerca articoli).
Cordoglio per la scomparsa di don Carlo Zaccaro è stato espresso dal sindaco di Firenze Matteo Renzi, anche a nome del Comune di Firenze: "Con don Zaccaro perdiamo una figura molto significativa: è stato uno dei grandi testimoni e interpreti della cultura di solidarietà e di accoglienza che ha permeato il tessuto sociale, civile e religioso della nostra città". Renzi si è recato a Careggi a portare l'ultimo saluto della città alla salma di don Carlo. "Dall'intensa attività per l'Opera 'Madonnina del Grappa' - ha aggiunto il sindaco Renzi - all'impegno culturale al Gruppo Meic come in ogni momento della sua vita, don Carlo ha saputo vivere e trasmettere quei valori che oggi siamo chiamati a raccogliere e mantenere vivi, in una società che ha sempre più bisogno di esperienze solidali".
Cordoglio per la scomparsa di «un grande sacerdote toscano, una delle figure più rappresentative e signficative di una chiesa capace di stare sempre accanto ai più poveri e ai più indifesi» è stato espresso anche dal presidente della giunta regionale Enrico Rossi. «Uomo di raffinata cultura – prosegue Rossi – giurista e docente universitario, ha proseguito l'opera di don Giulio Facibeni continuando a tenere viva l'esperienza della Madonnina del Grappa e dando vita ad un'efficace missione in Albania dove ha fatto nascere una casa famiglia per bambini cerebrolesi e altre strutture sanitarie. Se n'è andato con discrezione, come aveva vissuto e ci mancherà molto come mancherà a tutti i toscani. Ci resteranno le sue opere concrete ma anche il suo esempio e il suo impegno religioso e civile al servizio degli altri. Una testimonianza di fede e di dedizione sociale che, ne sono certo, altri sapranno raccogliere e portare avanti come lui stesso ha saputo fare dopo la scomparsa di don Facibeni».
La salma è esposta da lunedì mattina presso la cappella della Madonnina del Grappa in via delle Panche a Rifredi. I funerali verranno celebrati dall'arcivescovo di Firenze, mons. Giuseppe Betori, martedì 18 maggio alle 15,30, nella chiesa dell'Immacolata a Montughi (via Paoletti, Firenze)

http://www.toscanaoggi.it/news.php?IDNews=19421&IDCategoria=1

giovedì 19 novembre 2009

Una «fionda» contro l’eclissi della verità

DA http://www.toscanaoggi.it/notizia_3.php?IDNotizia=12077&IDCategoria=207

19/11/2009 - 09:56 - Una «fionda» contro l’eclissi della verità

di Carlo Zaccaro

Non credo che sia mai accaduto nella storia del papato che decisioni, dichiarazioni, scelte, siano state prese affidandosi all’improvvisazione. Scelte ed atti della Sede Apostolica portano piuttosto le stigmate di plurime riflessioni risolte, infine, alla luce di una confidente preghiera.

Se poi pensiamo alla meticolosità di Papa Ratzinger, alla sua vita di appassionato studioso, ci pare sempre più evidente che richiamando alla cattolicità la memoria di Paolo VI, abbia voluto dare con profonda convinzione un segnale forte alla rotta di navigazione di quella barca di cui «forte della parola di Cristo, Pietro sta con fermezza al timone».

Perché dico questo? Perché il fatto della scelta di render omaggio a Paolo VI nella sua Brescia dà una forza singolare alle preoccupate ammonizioni che, sotto l’ombra di amabili espressioni, nascondono l’urgenza di un indilazionabile richiamo alla conversione.

Esplicito tre delle molte ammonizioni che si potrebbero enucleare dal testo dell’omelia:

1) Un invito ad una ferma e visibile resistenza, a fronte alta, contro l’invadenza dell’eclissi della verità.

Allo splendore della verità si sta sostituendo la prostituzione di un’opinione, lontana le mille miglia dal credere che nella versione greca dei Settanta traduce l’ebraico âman, diventato nella nostra liturgia l’amen. Credere è affidarsi a Dio che è roccia solida, stabile, fedele. Aprirsi a Dio vuol dire ricevere la sua grazia, la sua vita divina che è verità.

L’opinione, costruita con i falsi ma potenti e variegatissimi mezzi di comunicazione, fa maggioranza e detta legge. Dalla storia di Brescia e dall’antifascismo Montiniano parte il richiamo a non cedere alla tentazione di aiuti che possono essere elargiti da faraoniche industrie di guerra o farmaceutiche per carpire taciti silenzi, anziché severe condanne verso questa torbida e inquietante discendenza di Caino.

La fionda di Davide abbatte il gigante Golia. Non potrebbe essere recuperata nello spirito «la fionda», la pubblicazione fondata a Brescia dal giovane Giovan Battista Montini e dal suo più caro amico Andrea Trebeschi morto martire nel campo di concentramento di Gusen? Non potrebbe essere spezzato il compromesso con la rete mondiale di relazioni finanziarie che adorano il gigantesco «vitello d’oro»? Lo potremo certamente fare se amassimo di più Chi per noi da ricco si è fatto povero, e se capissimo esistenzialmente che qualunque cosa si faccia favore dei piccoli, lo abbiamo fatto a Lui.

2) Questa eclissi della verità, sostituita dalla deificazione dell’opinione maggioritaria fluttuante nel mare mosso dei singoli egoismi, è possibile perché finanziata dal denaro diventato la nuova idolatria. Questa contende il campo allo «Spiritus Veritatis», al primato dell’anima, a quel primato dello spirituale che Pio XI aveva voluto indicare al mondo istituendo la festa di Cristo Re (1925) sorgente di quel fiume di grazia che ha convertito il pensiero degli spiriti più eletti, sia in Italia che in Francia.

Vittore Branca, che ha conosciuto Montini quando era assistente nazionale della Fuci, in «Protagonisti del 900» (ed. Aragno) scriveva a pagina 201: «Montini si è impegnato a dare sempre ed a qualsiasi costo – a costo delle più violente contestazioni, delle più acrimoniose impopolarità – aperta e chiara testimonianza della verità».

Nel 1930, in un appunto intitolato «Spiritus Veritatis», ed inviato ai suoi fucini, Montini aveva scritto all’inizio: «Voglio che la mia vita sia una testimonianza alla verità per imitare Gesù Cristo come a me si conviene».

Nell’ultimo colloquio avuto con Paolo VI, Vittore Branca ebbe la netta percezione che il Papa vivesse drammaticamente il fatto che l’eclissi della verità nel mondo, anziché attenuarsi, sembrava farsi sempre più grave ed oscura: «Il Satana presente nel mondo di oggi – gli confidò Paolo VI – è il denaro ritenuto in sé e per sé il bene».

3) Amare la Chiesa. Fui presente all’omelia che il Sostituto della Segreteria di Stato monsignor Montini dettò ai partecipanti del primo congresso nazionale della Fuci (gennaio 1946). Il tema era «Amare la Chiesa» e si snodava come il leit motif di una sinfonia che non aveva termine. Se si ascoltano le parole del suo testo «pensiero alla morte», largamente citate da Papa Benedetto XVI, ci si rende facilmente conto che l’amore alla Chiesa aveva acceso di fuoco l’arco di tutta la sua esistenza. «Potrei dire che sempre l’ho amata e che per essa e non per altro mi pare di aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse»; e poi ancora: «è alla Chiesa a cui tutto debbo e che fu mia che dirò? Le benedizioni di Dio siano sopra di te abbi coscienza della tua natura e della tua missione, abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità e cammina povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo».

Ma «Una Chiesa povera» aperta ad gentes, al rinnovamento, al dialogo, come è stata voluta, amata, «sposata» da Paolo VI, ha bisogno di figli che terribilmente soffrono quando la bellezza immacolata del suo volto mariano si corruga per ricorrenti tentativi, ad ogni svolta storica, di emarginarla, confinandola nei recinti delle private coscienze.

Ripartiamo dalla «Fionda» di Papa Montini, avvalorata ed onorata dal sacrificio di autentici apostoli, laici e sacerdoti, per amare la Chiesa, non quella che mi progetto io tra amici pur validi e solidali, ma la Chiesa che mi ha consegnato con il suo «Spiritus Veritatis» dall’alto della sua croce il Figlio di Dio e che per mezzo dei suoi apostoli debbo corresponsabilmente portare a compimento.

giovedì 25 giugno 2009

La lezione sinodale di un giusto

DA http://www.toscanaoggi.it/notizia_3.php?IDNotizia=11476&IDCategoria=368

25/06/2009 - 11:27 - La lezione sinodale di un giusto

di Carlo Zaccaro

Martin Buber, una delle più significative figure tra i nostri «fratelli maggiori», commentando un polittico salmico, ha voluto – così interpreta il biblista Ravasi nel presentarne il libretto: Il cammino del giusto (ed. Gribaudi) – dar forza ad alcune immagini del bene e del male senza arrestarsi alle soglie del privato, cioè a livello personale, ma piuttosto con il fine di colpire il conseguente aspetto sociale e politico che è quello che in definitiva fa storia.

Due, infatti, sono le scelte che nella concretezza della vita s’impongono all’uomo: accettare di vivere una situazione esistenziale dai recinti ben definiti che ha in sé il proprio centro nelle ragioni della propria autosufficienza (potremmo chiamarla carnale con il linguaggio paolino) o un’esistenza che richiede di non avere in se stessa il suo punto di appoggio, ma di averlo fuori di sé (existieren) nella «vis» attrattiva del T trascendente di Dio. Tutta la vita di Alberto – questa è la sua più alta lezione – è stata la feriale, coerente, fedele trascrizione di questa seconda scelta, impossibile senza la preghiera, da lui mai ostentata, ma che ne faceva un rabdomante abile a discernere le acque di sorgente da quelle di cisterna. La forza della sua invisibile preghiera gli consentiva di riproporre senza stancarsi, tra le variegatissime vicende negative diventate quasi pane quotidiano, una nuova frontiera giornalistica per un progetto culturale montinianamente ispirato – furono importanti per Lui gli anni della Fuci che avrebbe dovuto riparare le breccie causate dagli eccessi di opposti proselitismi. Al di là e al di sopra del successo di questo progetto una cosa è certa: la preghiera di Alberto, divenuta il cantus firmus della sua vita, a poco a poco decapitava le diffidenze degli estranei ai lavori e riuniva intorno a Lui il consenso sempre più convinto ed affettuoso dei collaboratori e la stima degli avversari.

Perché? Perché Alberto attraverso la forza della preghiera aveva centrato e dato una sua avvincente risposta, con il settimanale che si avvaleva della sua paternità, al bisogno profondo dell’uomo: «Noi abbiamo bisogno – scriveva Ionesco citato dal teologo Ratzinger – di ciò che è fuori del tempo; infatti cosa è la religione senza il sacro? A noi non resta niente, niente di stabile, tutto è in movimento... Eppure abbiamo bisogno di una roccia» (Joseph Ratzinger, Toccati dall’invisibile, Queriniana p. 181). Nelle varie stagioni della Chiesa fiorentina che si sono succedute durante la sua direzione del settimanale, si guardava ad Alberto come a una roccia, che nella sua ferma dedizione al fascino della verità (veritatetm facentes in caritate) costruiva la casa del settimanale su la triplice Fedeltà proclamata da S. Cipriano: nihil sine episcopo, nihil sine consilio vestro (detto al presbiterio), nihil sine consensu vestro (detto al popolo). Forse aveva ben riflettuto su quanto aveva scritto il teologo perito conciliare Ratzinger: «In questa triplice forma di cooperazione alla costruzione della comunità sta il modello classico della democrazia ecclesiale che non nasce da una trasposizione insensata di modelli estranei alla Chiesa, bensì dall’intima struttura dello stesso ordinamento ecclesiale e che è perciò conforme alla esigenza specifica della sua essenza» (Joseph Ratzinger, Democrazia nella Chiesa possibilità e limiti, Queriniana 2005, pp. 160-161).

La sua scomparsa dalla scena visibile di questo mondo permette ora di fare un bilancio della sua inesausta opera al servizio della Chiesa, da Lui amata con amore verginale. Quale? Egli ha reso con la sua testimonianza giornalistica e di vita incontrovertibile l’urgente necessità di quel passaggio che il laicato deve essere «costretto» a fare dal ruolo di collaboratore (anche un gregario è un collaboratore) a quello di «corresponsabile». Lo riconferma Benedetto XVI il 26 maggio al convegno ecclesiale della Diocesi di Roma.

«È necessario migliorare l’impostazione pastorale così che nel rispetto delle vocazioni e dei ruoli dei consacrati e dei laici si promuova gradualmente la corresponsabilità dell’insieme di tutti i membri del popolo di Dio. Ciò esige un cambiamento di mentalità riguardante particolarmente i laici, passando dal considerarli “collaboratori” del clero a riconoscerli realmente “corresponsabili”, dell’essere e dell’agire della Chiesa, favorendo il consolidarsi di un laicato maturo ed impegnato».

Alberto ha dato la vita per quest’opera di consapevolezza – è stata la sua Kenosi – a cui si doveva arrivare non per singole anticipazioni che vi sono state e stupende, raccolte poi dal Concilio, ma per quella graduale e universale trasformazione da Lui, costantemente perseguita in cospectu Domini sempre attento ad evitare «banali accondiscendenze», tenace seminatore «in silentio et in spe» della radicalità del vangelo nel campo (spazio e tempo) offerto dalla Divina Provvidenza a ciascuno di noi.

E' abbastanza noto l’episodio di Alessandro Manzoni che al capezzale di Antonio Rosmini, ormai morente, angosciato, domanda all’amico un programma che in qualche modo continui a renderlo presente fra i suoi. La risposta di Rosmini porta il profumo dell’evangelo di Giovanni: «Adorare, tacere, godere».
Viene il legittimo dubbio che questo potrebbe essere stato il programma spirituale adottato da Alberto.
Fervido adoratore dello Spirito di verità non fu meno brillante fruitore e datore di quella gioia al mondo, che nasce dall’amore ligio all’insegnamento di Vittorio Bachelet secondo il quale «per dare la gioia al mondo non devo chiedere di scendere dalla croce ma di salirvi».

Un inalterabile Amen è stato pronunziato nella giornata serena della sua comunità, fondata dal Vescovo Giuliano, padre nella fede, e ai piedi del crocifisso nell’aspra solitudine della sofferenza.

Ma nel tacere Alberto ha nascosto la dolcezza del suo silenzioso colloquio con Dio e il disappunto irenico per i ritardi e l’incomprensione del suo progetto da parte di coloro che pur gli volevano bene. Dobbiamo riconoscere noi, eletti amici per bontà sua, di aver poco lavorato a quel processo di trasformazione del laicato a cui Egli sinodalmente soleva pervenire.

Siamo stati, in realtà, allievi parzialmente disattenti alla lezione che un grande Maestro con signorile umiltà ci ha impartito come segno efficace di sicura speranza.

Santa Messa per i 10 anni dalla morte di don Carlo Zaccaro

22 Maggio alle ore 18 nella Chiesa di San Michelino Visdomini in via dei Servi a Firenze. Santa Messa per i 10 anni dalla morte di don Car...