giovedì 6 ottobre 2005

Raffaello Torricelli

DA http://www.toscanaoggi.it/notizia_3.php?IDNotizia=5418&IDCategoria=330

06/10/2005 - Raffaello Torricelli

di Carlo Zaccaro

«Ecco ti ho disegnato sulle palme delle mie mani» (Isaia 49,16). Se l’uomo, ogni uomo anche il più anonimo perduto su i marciapiedi di Calcutta o nelle favelas del Sud America, con la sua vita e con la sua morte si rivela una parola uscita dal seno di quella Parola «che zittì chiacchiere mie» (Clemente Rebora), il transito di Raffaello Torricelli ci consente di leggere ad alta voce una pagina di quel quinto vangelo redatto dalla «non facile ma felice vicenda cristiana» (Paolo VI) e colta nel dinamismo personale della sua missionarietà, ora trasferitasi in cielo.

Altri ed in altra sede avranno il doveroso compito di evidenziare non per una nostalgia del passato, ma per un’ispirazione del futuro, il suo complesso articolato impegno, splendidamente coerente fin dalla giovinezza verso la città dell’uomo in perfetta consonanza con l’attaccamento alla città di Dio, di cui la Chiesa è il Regno allo stato pellegrinante e crocifisso.

Certo Raffaello Torricelli non è una cattedrale nel deserto. Nasce da una famiglia di distinte e profonde radici cattoliche i cui ascendenti ospitarono don Bosco a Firenze. È il tempo in cui Padre Giovannozzi, l’insigne scolopio che trascinò mezza Italia con il suo insegnamento religioso e scientifico, commissiona la fondazione dell’associazione studenti medi superiori «Italia Nova» a don Giulio Facibeni. Torricelli ha un discepolato ricco di ammirazione e di affetto con don Bensi. Nel 1930 si trova ad essere responsabile dell’Azione Cattolica fiorentina quando, dopo i fatti di violenta persecuzione, il regime fascista adotta una spessa diffidenza verso il «bigio» associazionismo cattolico. Già prima della guerra era riuscito a creare uno studio professionale legale di prima grandezza dove ha per praticante Luciano Bausi e colleghi di valore come Lorenzo Cavini e il prof. Giuliano Mazzoni, orientati ad esercitare le loro competenze nella promozione del bene comune sul bene privato.

Intanto Dio l’affianca con una donna meravigliosa, la dottoressa Mimma Caligo, attuando da giovani sposi il biblico messaggio del Signore e riversando sui figli e l’intera famiglia un fiume di benedizioni da parte di Mimma dal cielo e dopo la di lei morte da Raffaello che prende sempre più il ruolo di un patriarca dolcissimo e amatissimo.
Più che sfiorare l’argomento di una valutazione su l’incidenza che nella storia del cattolicesimo fiorentino avrà tracciato la sua personalità, ci possiamo azzardare a dare una risposta ad un perché. Perché Raffaello Torricelli è stato luce e sole per tutti? (Matteo V). perché è stato amato da tutti, non solo dai suoi, tanto da pensare - come Lui ci autorizza a fare - che non avesse nemici se non silenziosi invidiosi?

La risposta, anche se molto riduttiva, potrebbe essere duplice. La prima: perché ha saputo dimostrare la condizione giovanile dell’esistenza cristiana. Nei suoi occhi si poteva sempre ammirare - e rimanerne affascinati - la luce animosa di un bambino, che scrutando nel fondo della sua bisaccia di pellegrino diventato novantenne, aveva la risposta giusta e saggia per ogni domanda che gli venisse rivolta anche dal buio di situazioni compromesse. La risposta accompagnava un invito alla speranza perché comunicava con signorile discrezione il calore e la gioia della sua fede. Era la gioia di credere per amare di più per aiutare di più, per volgere la competenza - e competenza vuol significare quantità di potere - giuridica, vera ars aequi et boni, alla tutela delle parti più deboli, vasi di coccio nello scontro processuale con vasi di ferro. La sua esistenza terrena potrebbe essere paragonata a quella dell’agricoltore del salmo che getta anche tra lacrime nascoste la sua semente e nel tornare, scrutati i segni dei tempi, viene con giubilo alla casa del Padre, portando i suoi covoni.

Dio ha avuto simpatia con Raffaello perché Dio ama chi dona con gioia e lui è stato un grande seminatore di gioia. Questa è la ragione del suo essere così vicino alle aspettative dei giovani sempre accolte ed incoraggiate sul piano ontologico della formazione alla fede.

La condizione giovanile della sua vita era sostenuta dalla sua totale adesione alla pratica sacramentale che ne faceva un familiare di Dio. Non avrebbe commesso un furto se si fosse appropriato delle parole di S.Paolo: «Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal. 2,20). Cenando con Lui assiduamente riceveva come effetto riflesso da spandere insieme a Mimma e ai suoi il profumo di una proposta a vivere l’autentica avventura cristiana dell’amore che richiede la liberazione dal peccato.

Una seconda risposta potrebbe essere questa. Raffaello ha capito i profondi bisogni dell’uomo moderno: sono i bisogni dell’uguaglianza - è nota la sua simpatia per don Milani - dell’amicizia, della speranza come ha descritto un eminente filosofo del diritto Giuseppe Capograssi, conosciuto e stimato da Raffaello. Bisogna anche non dimenticare che l’avvento del mondo moderno è da una parte del cristianesimo impiantato in Occidente in paesi ricchi.
Oggi si avverte da un sempre più grande numero di uomini e di donne di avere istituzioni che promuovano l’accoglienza di persone libere e responsabili al fine di un loro progressivo sviluppo.
I credenti poi devono avere quella forza di trasformazione e purificazione che oltre alla necessaria riforma sociale riconduce l’uomo alla genuinità della sua missione: tradurre nel quotidiano divenire dell’umanità l’attualità del mistero di Cristo vero Dio e vero Uomo. Vorrei chiamarla la santità laicale dell’hinc et nunc.

Non direi infatti, che la santità di Raffaello sia stata una santità profetica come quella di Giorgio La Pira. Mi aiutava a ricordarlo il discorso di Sharon all’ONU che auspicava una capitale per il popolo palestinese già individuata quaranta anni fa da La Pira in Ebron capitale per sette anni di David prima del trasferimento dell’arca dell’alleanza a Gerusalemme.

È stata una santità che mirava a raggiungere l’ideale storico, quello che della profezia si può realisticamente realizzare in tempi prossimi. Anche la capacità di progettare per far più bella ed accogliente Firenze, più che dal gusto di un’estetica pur largamente posseduta e confortata da raffronti storici, aveva un’origine più alta: il dono della preghiera e della contemplazione.
La sua feriale visione contemplativa, attratta dalla bellezza di quel Dio che ora gode faccia a faccia, ha voluto donarla - contemplata aliis tradere - alla città posta sul monte perché tutti potessero più agevolmente orientare in quella ricerca del Signore che vuole, nella sua sconfinata misericordia, salvi tutti gli uomini.

Così il cielo della santità fiorentina si è arricchito di un’altra stella, ma Raffaello non ci ha certo lasciato. La sua luce, anzi, può ora spandersi liberamente sul capolavoro della sua famiglia, su la città amatissima, su la Chiesa fiorentina perché consapevole dei molti doni di Dio possa mettere a frutto del suo dinamismo missionario questa autentica santità laicale dei suoi figli. Questi hanno aperto una strada che non sarà più deserta.

«Ecco ti ho disegnato su le palme delle mie mani». «Le tue mura sono sempre davanti a me, i tuoi costruttori accorrono, i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontanano da te» (Isaia 49,20)

Antonelli: «Personalità eccezionale»
I funerali di Raffaello Torricelli si sono svolti in una affollatissima chiesa della Sacra Famiglia, in via Gioberti. Prima della celebrazione è stato letto il messaggio inviato dal cardinale Antonelli, che ricorda i molti campi in cui Torricelli ha operato: «come figlio fedele della Chiesa fiorentina, come cittadino innamorato della sua Firenze, della sua storia, della sua arte, come giurista illustre, come amministratore, come scrittore». Autore di vari volumi («Firenze e i fiorentini» e la biografia di don Bensi, editi da Polistampa, tanto per ricordarne alcuni), è stato tra i fondatore delle Conferenze Vincenziane e di altri numerosi sodalizi. L’avvocato Torricelli, afferma il Cardinale, «è stato uno di quelle eccezionali personalità che lasciano una traccia vera e duratura della loro presenza e della loro attività»

Santa Messa per i 10 anni dalla morte di don Carlo Zaccaro

22 Maggio alle ore 18 nella Chiesa di San Michelino Visdomini in via dei Servi a Firenze. Santa Messa per i 10 anni dalla morte di don Car...