lunedì 24 gennaio 2011

Solidarietà Caritas Anno VIII Numero 3-4 Maggio - Giugno - Luglio - Agosto 2010

Solidarietà Caritas
Bimestrale della CARITAS di FIRENZE
Anno VIII Numero 3-4 Maggio - Giugno - Luglio - Agosto 2010

DON CARLO,
LA SCOMMESSA DELLA SPERANZA
di Umberto Santarelli

Aveva quasi novant’anni, e qualche acciacco (tutt’altro che trascurabile) non gli mancava di certo. Eppure siamo stati in parecchi a restar come sorpresi dalla notizia della sua morte. C’è una ragione (tutt’altro che banale) di questo trasalimento: don Carlo, alla sua veneranda età, dentro (dove la vecchiaia spesso fa i danni peggiori) non era affatto invecchiato. Chi, come me, se lo ricordava giovane, faceva fatica a rammentarsi d’averlo visto la prima volta un po’ più di sessant’anni fa.
Era rimasto giovane nello spirito: e perciò era - profondamente e senz’alcuna riserva - contemporaneo alle circostanze nelle quali viveva e di cui si sentiva partecipe, e perciò - come cristiano - corresponsabile.
Il buon Dio gli aveva regalato un’intelligenza tutt’altro che comune; e lui l’aveva coltivata con tutto l’impegno possibile.
Ma per diventare non un "intellettuale" saccente e vanitoso, ma un uomo: libero quanto basta per non restar abbagliato da tutte le fiammate, e generoso quanto serve per rendere un servizio vero a tutti quelli che incontrava.
La sua formazione avvenne in una città forse un po’ strana, ma di certo non banale; e in un tempo non facile, che proprio per le sue difficoltà richiedeva lucidità di giudizio e capacità di mettersi senza riserve al servizio del vero bene comune.
Non gli mancarono certo i maestri. Al liceo Dante ebbe in qualità di insegnante di religione don Raffaele Bensi, con cui instaurò un rapporto che non è certo esagerato definire di "figliolanza spirituale", e in casa del quale - a San Michelino Visdomini - era possibile incontrare molti di quelli che erano, o sarebbero di lì a poco diventati, protagonisti della storia (non soltanto a Firenze).
Gli anni universitarî furon decisivi per la sua formazione. Non solo sul piano dell’apprendimento scientifico (la Facoltà fiorentina di Giurisprudenza era davvero un collegio di grandi maestri), ma anche su quello della formazione personale e dell’impegno nella società civile. Non si capirebbe quasi nulla della storia e della personalità di Carlo Zaccaro, se si dimenticasse la sua lunga militanza nella FUCI (non solo a Firenze, ma anche in sede nazionale), che gli consentì l’incontro e la familiarità con persone destinate ad assumere nella società italiana funzioni di altissimo rilievo (incontro che con non pochi di loro proseguì anche dopo, negli anni della maturità, lasciando un segno profondo e leggibilissimo nella sua cultura).
Carlo Zaccaro (anche se molti non lo sapevano, e lui non lo esibiva di certo) era un giurista di grande ed elegante cultura.
Ne è prova il suo essere stato per molti anni il redattore della Rivista di Diritto Agrario (diretta dal suo maestro Gian Gastone Bolla), disciplina nella quale conseguì la libera docenza universitaria quand’era già sacerdote e da anni impegnato nell’Opera della Madonnina del Grappa.
La lettura dei suoi scritti di giurista (che sarebbe molto bello render di nuovo possibile), ci restituisce di lui un tratto essenziale (e perciò indimenticabile).
Certamente i fatti decisivi della sua vita sono stati la vocazione sacerdotale, l’incontro con don Giulio Facibeni e l’impegno - senza riserve e per tutta la vita - nell’Opera della Madonnina del Grappa.
Ma anche in questo lavoro, per il quale ha consumato senza risparmio quasi settant’anni, ha avuto la grazia e la pazienza di restar se stesso; anzi, d’impreziosire questa sua missione col restar limpidamente fedele ai talenti - anche naturali - che il buon Dio gli aveva regalato e che lui ha saputo far fruttare così abbondantemente: non per sé, come tanto spesso succede, ma per coloro tra i quali l’Opera gli chiese di vivere.
Le tappe della sua vita sono state illuminanti: basta pensare agli anni trascorsi a Villa Lorenzi, dove vivevano i "figli" dell’Opera che studiavano e ai quali don Carlo ha saputo insegnare - coi fatti della sua vita, non a parole e basta - cosa voglia dire per un cristiano esser una persona colta che riesce a far giorno per giorno dono agli altri della propria cultura; o, in tempi recentissimi, alla missione di Scutari: che ha fatto di lui - giustamente - un cittadino onorario della Repubblica d’Albania, ma che soprattutto ha insegnato - con l’argomento invincibile della quotidiana testimonianza - cosa voglia dire, in questi nuovissimi tempi di "globalizzazione", servire il bene di tutti senza farsi irretire dalle disumanità (appariscenti, ma diaboliche) d’un razzismo tanto duro a morire. Ed è riuscito a diventare albanese. Quando, nel 1997, morì l’Arcivescovo di Scutari Frano Illia - che era stato per vent’anni detenuto nelle carceri del regime, dove s’era ridotto all’ombra di se stesso - don Carlo scrisse per l’Osservatore Romano un articolo che era insieme l’elogio d’un grande vescovo, una meditazione alta sul ministero episcopale e una pagina di storia dell’Albania che pareva (ma forse era) scritta da un albanese innamorato della propria terra.
Don Carlo è stato un uomo vero, gioiosamente convinto di dover essere (per rispondere alla sua vocazione di cristiano e di prete, non per dare sfogo a uno sfizio da intellettuale "impegnato") il sale della Terra; e disposto giorno per giorno a far tutto l’umanamente possibile per batter fino in fondo questa strada che sentiva sua.

Il ricordo di Klodian Kojashi, testimone albanese dell’opera di don Carlo oltre Adriatico
Ho conosciuto Don Carlo una domenica del 2003. Ne avevo sentito parlare e l’avevo visto anche prima, però non avevo mai avuto la possibilità di conoscerlo. Me lo presentò la mia ragazza e così, quella domenica, potei stringere la mano a questo prete grande e grosso, ma molto dolce e tenero.
Ho stretto la mano senza sapere quel giorno che quel gesto mi avrebbe legato per sempre a quella persona.
Grazie a don Carlo, nella Biblioteca della Madonnina del Grappa in Albania trovai dei libri che parlavano di don Lorenzo Milani e rimasi sorpreso dalla forza e dalla lucidità del suo pensiero. Non ero solo: insieme ad altri giovani ci siamo innamorati del suo modo di fare e, incoraggiati da don Carlo, abbiamo voluto realizzare qualcosa anche per i nostri bambini, per i nostri giovani per le nostre "Barbiane", che non erano poche in Albania. Da qui nasce l’associazione "I CARE", segno del desiderio dei giovani della città di Scutari di vivere la propria vita accanto ai più deboli, agli abbandonati, agli ultimi della società. I CARE diventa un centro di ritrovo per i giovani, centro di discussione, di formazione, di riflessione, ma anche una mensa per i bambini malnutriti della periferia e una biblioteca per studenti.
Negli ultimi tre anni dalla sua fondazione, I CARE ha visto la collaborazione volontaria di centinaia di giovani. Ha servito, attraverso la mensa almeno 70-90 bambini al giorno, per 9 mesi l’anno. Ha realizzato decine di corsi, di incontri su temi di cultura, economia e politica con professori e personaggi illustri che sempre l’infaticabile don Carlo riusciva a convincere e a portare in Albania.
Per don Carlo, la luce della fede e della speranza doveva essere sempre accompagnata dalla formazione, dalle conoscenze di tutti gli ambiti della vita umana per metterle al meglio a servizio dei più deboli, degli abbandonati.
Proprio per questo motivo siamo riusciti ad organizzare diversi incontri all’Università, coinvolgendo il Rettore, il Senato dell’Università, diversi professori di giurisprudenza, economia e di scienze sociali e centinaia di studenti. Ricordo molto bene la settimana di incontri all’Università di Scutari, organizzata dal Prof. Paolo Grossi, giudice della Corte Costituzionale Italiana.
Sempre grazie a don Carlo, i giovani dell’associazione I CARE si sono incontrati e hanno scambiato le loro esperienze con rappresentanti della Misericordia di Firenze.
Da questi incontri è nato proprio a Scutari, all’interno dell’associazione I CARE, il primo nucleo di giovani volontari albanesi della Protezione Civile chiamato "Sacra Vita".
Si è lavorato, con il sostegno di don Carlo e di Alessandro Ghini, per la Misericordia di Firenze e con il sostegno del dr. Elvezio Galanti, dirigente generale protezione civile italiana, per quest’ultima.
Il gruppo, appena nato, dei giovani della protezione civile albanese "Sacra Vita" si e’ trovato subito ad affrontare l’emergenza delle inondazioni nelle zone della prefettura di Scutari nei primi giorni del gennaio 2010.
Per la prima volta in Albania, migliaia di persone evacuate e i giovani della "Sacra Vita" hanno collaborato a fianco delle strutture del governo, del comune e della società civile. Per tre settimane i nostri giovani hanno gestito con servizi di distribuzione pasti, vestiti e di animazione 170 persone della comunità Rom della città di Scutari, tra i quali c’erano 72 bambini.
Tante le attività, tante le realtà nate dalle risorse locali, non imposte oppure "clonate" semplicemente da altre esperienze. Un lavoro di sensibilizzazione, di condivisione, di consapevolezza, di crescita: questo è stato il modello che don Carlo ci ha insegnato lavorando con noi.
Ho visto per l’ultima volta don Carlo una domenica di maggio del 2010. Il furgone lucente e pallido della Misericordia aveva appena portato a villa Guicciardini il suo corpo.
Ho potuto stringergli la mano ancora e so che posso vederlo ogni giorno in ogni cosa che ha costruito insieme ai giovani della mia città. Riesco a vederlo in tutto ciò che ha preso vita e continua a vivere a Scutari coinvolgendo nell’amore i giovani a fianco dei poveri e degli ultimi che… ultimi non sono più.

domenica 23 gennaio 2011

HO INCONTRATO LA GIOIA


Articolo di Gian Paolo Meucci su don Facibeni

Parla di don Facibeni, ma può aiutarci a ripensare anche il nostro incontro con don Carlo


HO INCONTRATO LA GIOIA


"Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: In domus Domini ibimus"
"Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore!"


(Salmo 121)

In lui abbiamo incontrato la Gioia. La Gioia non è una virtù, è un dono di pienezza di umanità. Nel Vangelo, il Signore non parla mai di gioia, ma di pace e di beatitudine, dalle quali sgorga, come da polla sorgiva, il magico dono della gioia. Donare la gioia, è donare Dio: la tristezza è del Maligno perché è il negarsi alla "laetitia", è un sottrarsi alla umanità ed insieme alla beatitudine di Dio. Un dono di gioia, che non si ha per sé; non esiste la gioia come qualcosa di nostro ma essa esiste in noi perché gli altri rispecchino, in noi, il volto di Dio, nella trasparenza della nostra gioiosa santità. Un dono che il Signore fà attraverso noi, ed allora, gioia è pietà profonda, di amore, è un sostituirsi alle deficienze altrui con la pienezza del nostro dono...
Don Facibeni passa nella nostra vita con il dono della sua gioia. La si avverte luminosa, totale, come luminosa e totale è la sua pietà e il suo dono di amore. È una creatura che ha scoperto che l'unico grande sogno dell'uomo che non lo annienti, è il sogno di una gioia donata a larghe mani. Non parlare di carità nel caso del Padre, sembra un assurdo; ma ad un certo momento, il parlare di carità e di santità finisce per far perdere la misura, anche umana, del suo dono, è un modo, quasi, per allontanarlo da noi, su di un piano che non è più il nostro, quello, cioè, di piccoli uomini chiusi alla carità e all'amore, frettolosi di allontanare la possibilità di un paragone che suona colpa perché dimostrativo della sordità alla chiamata del Signore, comune a tutti i cristiani. Di fronte alla sua gioia, che è anche la nostra, si resta disarmati, presi, soggiogati. Chi potrà scrivere della gioia dei santi che hanno vinto la tristezza del Demonio? Nessuno, perché si dovrebbe scrivere della misteriosa azione della Grazia di Dio nell'animo di una creatura. Sperduti nel nostro razionalismo, domandiamo sempre ad un uomo di quale idea egli sia portatore, non gli domandiamo mai di essere portatore di gioia. l santi della Carità non sono portatori di denuncie o di idee, sono soltanto portatori di pietà gioiosa fra gli uomini. Essi non beneficano, non assistono, non si fanno padri degli orfani, guida degli umili, scopritori dei talenti di Dio; essi fanno tutto questo perché recano agli uomini il dono inestimabile della gioia: Don Facibeni, è davvero, uno dei re magi che porta alla culla della umanità sofferente un dono più prezioso dell'oro. Chi scriverà la sua vita lo dovrà prendere, afferrare, così: o nell'atto di passare per le strade degli uomini con il suo misterioso bagaglio di pietà, uomo senza tempo storico, sempre infermo e sempre cadente; o nell'atto di soffrire nella solitudine più spaventosa e bruciante, la tristezza di tutti gli uomini, la stessa tristezza del Demonio. O nella solitudine dell'angoscia, della paura, della tentazione nella fede, o nel dono della gioia. Quando ho conosciuto Don Facibeni? Quando lo avete conosciuto voi che potete essergli tanto più vicini? Non ricordate il tempo; non potete ricordarlo perché la sua presenza non è affidata all'accadimento umano e nel momento stesso in cui lo si è conosciuto, si è consumato l'intero tempo di un prima o di un dopo. È un conoscerlo da sempre, come è un sentirsi conosciuti da sempre dal Signore quando Egli si fa presente a noi, nella preghiera.
Così Don Facibeni è passato ed è presente nella nostra vita e nella vita della cristianità fiorentina. Grazie Signore di averci donato in lui, la Tua gioia.
«Il Focolare», 22 dicembre 1957

venerdì 7 gennaio 2011

Letture della messa di sabato 8 gennaio 2011

  
Prima lettura

1Gv 4,7-16
Credidimus caritati

  
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.

Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio.  
E noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi.
Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.

Parola di Dio



Salmo responsoriale
Sal 71 

 
Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.
O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.

Le montagne portino pace al popolo
e le colline giustizia.
Ai poveri del popolo renda giustizia,
salvi i figli del misero.

Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.




Vangelo

Mc 6,34-44
Moltiplicando i pani, Gesù si manifesta profeta.
+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci».
E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti.
Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.

Parola del Signore

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domenica 2 gennaio 2011

8 Gennaio 2011 - Incontro ragazzi di don Carlo

Abbiamo raccolto la proposta di un incontro tra ragazzi e amici di Don Carlo.
Crediamo sia importante non perderci di vista e cercare soprattutto quelli che non vediamo da molto tempo.

Abbiamo tutti vissuto insieme a don Carlo a Villa Guicciardini, a Galeata o in Albania momenti importanti della nostra vita.
Vogliamo che l'amicizia e i valori che ci sono stati proposti non siano solo un ricordo, ma vivano nelle nostre famiglie e magari anche in iniziative che possiamo fare insieme.

Un invito a tutti a far arrivare la notizia di questo incontro a tutti i ragazzi e amici che possiamo raggiungere.


L'incontro è stato fissato per Sabato 8 gennaio
presso il monastero di Santa Marta in via di Santa Marta 7 a Firenze
dove ci viene messa a disposizione una sala per riunioni ed un refettorio.
Ci sono anche spazi all'aperto dove i bambini possono giocare.


Programma della giornata

ore 10,00 Arrivo

ore 10,30 Messa celebrata da Padre Athos Turchi (i più grandi lo ricorderanno negli incontri che organizzavamo per gli universitari)

ore 11,30 Riunione con

News da - Firenze - Romagna - Albania
Proposte per prossimi incontri e iniziative comuni

ore 13 Pranzo (cuciniamo un primo, per il secondo ognuno porta qualcosa)



Nel pomeriggio possiamo trattenerci per riprendere la discussione iniziata nella mattinata o per passare semplicemente un po' di tempo insieme.


Chi avesse bisogno di restare a dormire a Firenze può fermarsi nella foresteria del monastero (37 euro a persona)
conttattando le monache

Monastero di Santa Marta
Monache Benedettine di Santa Maria
Via Santa Marta, 7 - 50139 Firenze
tel/fax 055 489089
email: santa-marta@tiscali.it      santamarta@email.it      santamarta@tin.it


Vi invitiamo a comunicarci la vostra partecipazione scrivendo ad amici.dcz@gmail.com o telefonandoci


BUON ANNO E A PRESTO


Chiara Bencini (333.2964431)
Roberto Funghi (338.9103413)
Carlo Zappia (339.7907206)
Mario Guerriero (347.5588370)



PER RAGGIUNGERE VIA SANTA MARTA:
http://maps.google.it/maps?f=d&source=s_d&saddr=&daddr=Via+di+Santa+Marta,+7,+50139+Firenze+(Monastero+di+Santa+Marta)&hl=it&geocode=CcJuEMi6WZDzFYNQnAIdpr2rACGrmssCBnZxSQ&mra=ls&sll=43.800062,11.257768&sspn=0.015147,0.038581&ie=UTF8&ll=43.79969,11.257768&spn=0.015921,0.038581&z=15http://maps.google.it/maps?f=d&source=s_d&saddr=&daddr=Via+di+Santa+Marta,+7,+50139+Firenze+(Monastero+di+Santa+Marta)&hl=it&geocode=CcJuEMi6WZDzFYNQnAIdpr2rACGrmssCBnZxSQ&mra=ls&sll=43.800062,11.257768&sspn=0.015147,0.038581&ie=UTF8&ll=43.79969,11.257768&spn=0.015921,0.038581&z=15

Santa Messa per i 10 anni dalla morte di don Carlo Zaccaro

22 Maggio alle ore 18 nella Chiesa di San Michelino Visdomini in via dei Servi a Firenze. Santa Messa per i 10 anni dalla morte di don Car...