domenica 23 gennaio 2011

HO INCONTRATO LA GIOIA


Articolo di Gian Paolo Meucci su don Facibeni

Parla di don Facibeni, ma può aiutarci a ripensare anche il nostro incontro con don Carlo


HO INCONTRATO LA GIOIA


"Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi: In domus Domini ibimus"
"Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore!"


(Salmo 121)

In lui abbiamo incontrato la Gioia. La Gioia non è una virtù, è un dono di pienezza di umanità. Nel Vangelo, il Signore non parla mai di gioia, ma di pace e di beatitudine, dalle quali sgorga, come da polla sorgiva, il magico dono della gioia. Donare la gioia, è donare Dio: la tristezza è del Maligno perché è il negarsi alla "laetitia", è un sottrarsi alla umanità ed insieme alla beatitudine di Dio. Un dono di gioia, che non si ha per sé; non esiste la gioia come qualcosa di nostro ma essa esiste in noi perché gli altri rispecchino, in noi, il volto di Dio, nella trasparenza della nostra gioiosa santità. Un dono che il Signore fà attraverso noi, ed allora, gioia è pietà profonda, di amore, è un sostituirsi alle deficienze altrui con la pienezza del nostro dono...
Don Facibeni passa nella nostra vita con il dono della sua gioia. La si avverte luminosa, totale, come luminosa e totale è la sua pietà e il suo dono di amore. È una creatura che ha scoperto che l'unico grande sogno dell'uomo che non lo annienti, è il sogno di una gioia donata a larghe mani. Non parlare di carità nel caso del Padre, sembra un assurdo; ma ad un certo momento, il parlare di carità e di santità finisce per far perdere la misura, anche umana, del suo dono, è un modo, quasi, per allontanarlo da noi, su di un piano che non è più il nostro, quello, cioè, di piccoli uomini chiusi alla carità e all'amore, frettolosi di allontanare la possibilità di un paragone che suona colpa perché dimostrativo della sordità alla chiamata del Signore, comune a tutti i cristiani. Di fronte alla sua gioia, che è anche la nostra, si resta disarmati, presi, soggiogati. Chi potrà scrivere della gioia dei santi che hanno vinto la tristezza del Demonio? Nessuno, perché si dovrebbe scrivere della misteriosa azione della Grazia di Dio nell'animo di una creatura. Sperduti nel nostro razionalismo, domandiamo sempre ad un uomo di quale idea egli sia portatore, non gli domandiamo mai di essere portatore di gioia. l santi della Carità non sono portatori di denuncie o di idee, sono soltanto portatori di pietà gioiosa fra gli uomini. Essi non beneficano, non assistono, non si fanno padri degli orfani, guida degli umili, scopritori dei talenti di Dio; essi fanno tutto questo perché recano agli uomini il dono inestimabile della gioia: Don Facibeni, è davvero, uno dei re magi che porta alla culla della umanità sofferente un dono più prezioso dell'oro. Chi scriverà la sua vita lo dovrà prendere, afferrare, così: o nell'atto di passare per le strade degli uomini con il suo misterioso bagaglio di pietà, uomo senza tempo storico, sempre infermo e sempre cadente; o nell'atto di soffrire nella solitudine più spaventosa e bruciante, la tristezza di tutti gli uomini, la stessa tristezza del Demonio. O nella solitudine dell'angoscia, della paura, della tentazione nella fede, o nel dono della gioia. Quando ho conosciuto Don Facibeni? Quando lo avete conosciuto voi che potete essergli tanto più vicini? Non ricordate il tempo; non potete ricordarlo perché la sua presenza non è affidata all'accadimento umano e nel momento stesso in cui lo si è conosciuto, si è consumato l'intero tempo di un prima o di un dopo. È un conoscerlo da sempre, come è un sentirsi conosciuti da sempre dal Signore quando Egli si fa presente a noi, nella preghiera.
Così Don Facibeni è passato ed è presente nella nostra vita e nella vita della cristianità fiorentina. Grazie Signore di averci donato in lui, la Tua gioia.
«Il Focolare», 22 dicembre 1957

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